Miti d’Irlanda

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Titolo: Miti d’Irlanda
A cura di Serena Fiandro
Illustrazioni di Martina Sesti
Editore: I Doni Delle Muse
ISBN: ISBN 978-88-99167-26-4
Pagine: 138
Prezzo: 11 euro

DALLA QUARTA DI COPERTINA
Molte invasioni hanno subito le antiche terre d’Irlanda, molti popoli le hanno conquistate e poi perdute. Storie smarrite tra le nebbie di miti lontani che parlano di trasformazione, rinascita e crude battaglie. Leggende di uomini e donne dotati di straordinaria bellezza e di grande sapienza, i Tuatha De Danann, i figli della dea Dana giunti in Irlanda avvolti da un’oscurità così potente da nascondere per tre giorni e tre notti la luce del sole, recando con sé la lancia, il calderone, la pietra del destino e la spada, magici strumenti del loro potere. Una raccolta di miti che narra la remota origine di uno dei popoli più affascinanti di ogni epoca e della verde isola che ha ispirato sogni, storie e poesia: l’Irlanda.

DAL LIBRO
Si narra che un giorno Finnen, dopo avere portato il Vangelo nel territorio dell’Ulster, disse ai suoi seguaci che presto sarebbe giunto un buon uomo che li avrebbe confortati e avrebbe raccontato loro le antiche storie dell’Irlanda, dal giorno della colonizzazione fino ai tempi presenti. La mattina seguente si presentò un chierico dall’aspetto venerabile e li invitò a seguirli nel suo eremo. Una volta cantati salmi e presentate offerte a Dio, Finnen invitò l’uomo a rivelare chi fosse.
«Sono anche io un uomo dell’Ulster» rispose il chierico. «Tuan è il nome con il quale sono conosciuto e sono figlio di Carill, figlio a sua volta di Muredach Collo Rosso, ma agli inizi venivo chiamato Tuan figlio di Starn, figlio di Sera, figlio del fratello di Partholon. Quello un tempo era il mio nome».
Allora Finnen lo invitò a raccontare la storia di quei tempi remoti, che cosa fosse accaduto quando viveva Partholon e aggiunse che non avrebbero accettato di mangiare con lui finché non fosse stata esaudita la sua richiesta.
Tuan allora iniziò a narrare.

Cinque invasioni dovette subire l’Irlanda dopo che il Diluvio inondò la terra. Quando trecento anni e ancora dodici furono trascorsi dal grande cataclisma, giunsero in queste terre Partholon e suo padre Sera per stabilirvi la propria dimora insieme a tutta la loro gente. Venivano dalla Grecia, dalle terre dell’oriente, ventiquattro coppie. Ma dopo breve tempo una terribile epidemia decimò la popolazione: entro lo spazio di due domeniche, durante le calende di maggio, furono tutti sterminati, cinquemila uomini e quattromila donne, e rimase vivo soltanto un uomo perché potesse raccontare quello che era avvenuto, unico superstite di una grande popolazione. Quell’uomo ero io.
Così me ne andai di collina in collina, di scogliera in scogliera, guardandomi dai lupi per ventidue anni e per tutto quel tempo l’Irlanda rimase vuota. Anche per me giunse la vecchiaia mentre me ne stavo tra i dirupi e i deserti, incapace di muovere un solo passo.
Allora Nemed, figlio di Agnoman, fratello di mio padre, invase l’Irlanda e io lo vidi dalla scogliera. Mi mantenni distante da lui, io che avevo capelli e unghie lunghi, ero rinsecchito, ingrigito, nudo, infelice, miserevole. Poi una notte, mentre stavo dormendo, vidi me stesso prendere la forma di un cervo. La mattina seguente ero davvero un cervo e subito mi sentii di nuovo giovane, lieto nel cuore.